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Tratto dalla pubblicazione "Per una storia di Carpeneto"a cura di Diego Moreno e Silvio Spanò.

Gli storici fanno risalire il "Castrum Carpani" (da cui Carpeneto) all’antica postazione strategico – militare con il compito di stationes, o luoghi di fermata, fra i due rami della via Emilia che da Derthona (l’attuale Tortona) e da Aquae Statiellae (l’attuale Acqui Terme) portavano a Genova.

In epoca più tarda, l’Ordine dei Benedettini fondò abbazie sparse sul territorio. Una di queste, quella di Sezzè (l’attuale Sezzadio) possedeva una chiesa e beni patrimoniali anche in territorio di Carpeneto.

I Saraceni, con le loro incursioni, si spinsero nelle vallate liguri – piemontesi e nell’anno 999 distrussero il convento di S. Donino, ubicato nell’attuale Tenuta Magnona.

I contadini che vivevano nei pressi del convento, dopo l’incursione, fuggirono e stabilirono il loro insediamento sull’altura vicina, più sicura e lontana dai passaggi dei predoni, l’attuale frazione Madonna della Villa.

La citazione storica di questi eventi si trova in un documento in lingua latina in cui, Anselmo di Monferrato, autorizza la fondazione dell’Abbazia di Spigno (999) a seguito della distruzione dell’Abbazia di Giusvalla operata dai Saraceni nel 990.

Lotario Re d’Italia, nel 945 diede Castrum Carpani in feudo ad Aleramo, marchese del Monferrato.

La torre del Castello, riattata all’inizio del 1900, è anteriore al X secolo. Nel Castrum erano custodite macchine da guerra e vi era di stanza un presidio militare. La fortezza si erigeva sulla sommità della collina , difesa da fossati, coperti alla fine del 1800. Una parte fortificata da cinta in muratura, tuttora esistente, era destinata al Castellano; l'altra, sopra un dirupo, era detta Receptum (in dialetto locale "arsett"), luogo franco e immune, a protezione dei perseguitati politici. Sotto il Receptum si trovava il Palazzo Comunale, dove si trova l’attuale Municipio, con uffici e proprie prigioni.

Nel Castello si possono vedere tuttora le strutture del ponte levatoio, le sale d’armi ed i locali di stanza per le guarnigioni, le prigioni ed i cunicoli sotterranei che celano trabocchetti profondi oltre 40 metri.

Uno dei documenti storici più importanti di quell’epoca, dove si evidenzia la vita politica della comunità carpenetese, è "Statuta Universitatis et Hominum Carpineti" , risalente al 1000 d.c. circa (lo storiografo G.B. Rossi lo data 1168). Nel 1465 fuerunt exemplata et traslata ex antiquo volumine capitolorum . Gli Statuti concedevano ai Carpenetesi di cingersi di mura munite di porte e di sei torri – vedetta, di difenderle con macchine da guerra e posti di guardia diurni e notturni, di avere tribunali per le cause civili e penali, di usufruire del diritto romano dell’epoca, di amministrare il patrimonio pubblico con Podestà e Consoli, di avere un Consiglio Maggiore e di Credenza, di avere il Palazzo Comunale con piazza per le adunanze popolari all’ombra dell’olmo, emblema di indipendenza, e di fissare i limiti entro i quali il Comune era tenuto a difendersi.

Tra i marchesi di Monferrato e la nascente Alessandria non correva buon sangue: nel 1168 la Lega Lombarda decise di fondare Alessandria sul territorio monferrino; gli Aleramici si unirono ai conti di Biandrate per assaltarla. Nel 1164 il Barbarossa aveva confermato il feudo di Carpeneto ai Marchesi di Monferrato.

La Lega Lombarda respinse gli attacchi sia dei marchesi di Monferrato sia del Barbarossa, che nel 1183 stipulò la pace a seguito della sconfitta di Legnano.

Nel 1191 gli Angioini, alleati di Alessandria, tolsero Carpeneto al Marchese di Monferrato e dopo la pace del 1203 gli fu restituito metà del feudo, corrispondente all’attuale Comune di Carpeneto. L’altra metà comprendeva l’attuale Comune di Montaldo Bormida: i trattati dell’epoca menzionavano due Carpeneti. La Bolla di papa Celestino III del 1192 elenca i beni dell’Abbazia di Sezzè e nomina quelli esistenti in uno et altero Carpeneto.

Il Marchese di Monferrato emise uno statuto che vietava il matrimonio dei giovani carpenetesi con donne alessandrine e proibiva agli stranieri, furesterios, di acquistare terre lungo i confini (nei pressi dell’attuale Castelferro, in Comune di Predosa). Presso il Peagium , cascinale tuttora esistente in località Cascina Vecchia, si pagava il pedaggio per entrare in territorio carpenetese ( possa Carpeneti).

Nel 1224 Guglielmo marchese di Monferrato cedette la sua parte di feudo carpenetese a Federico II, che venne occupato dagli alessandrini nel 1272. Nel 1278 Carpeneto ritornò ai marchesi di Monferrato.

Compare ora nella storia del feudo carpenetese la famiglia dei Paleologi con Teodoro I, primogenito di Violante, unica erede del Monferrato. Teodoro sposò la marchesa Spinola e nel 1305 ratificò gli statuti di Carpeneto

Durante il dominio degli Spinola (1305 –1400) fu eretta una chiesetta dedicata a San Giorgio ed il terreno circostante fu adibito a cimitero a partire dal 1350.

Carpeneto restò sempre fedele ai marchesi di Monferrato. Riconobbe solo il dominio del duca Amedeo VIII di Savoia, cognato di Gian Giacomo Paleologo, dal 1436 al 1446. Gli Statuti di Carpeneto, infatti, fanno riferimento a monete imperiali, genovesi e Tortonesi e mai monete viscontee o lombarde.

Nel 1500 Carpeneto passò in feudo ai Tortonesi, nobili d’Alba e nel 1567 ai Roberti d’Acqui. Venne poi la volta dei duchi di Mantova. Nel 1589 Vincenzo Gonzaga I, duca di Mantova e di Monferrato, ratificò gli Statuti di carpeneto.

Nel 1630 la peste, portata in Italia dai Lanzichenecchi, colpì Carpeneto: durante l’epidemia le chiese del paese furono adibite a lazzaretti e furono edificate cappelle votive.

Nel 1643 la cavalleria spagnola saccheggiò Carpeneto e lo stesso fecero i Francesi nel 1644. Sono ancora visibili sulle mura e fortificazioni del castello le ricostruzioni seguenti alle distruzioni di quegli anni.

Gli Statuti di Carpeneto vennero ratificati da Ferdinando e nel 1635 da Carlo I duca di Gonzaga Nevers e Rethel. In seguito il Monferrato fu ceduto a Vittorio Amedeo II. Re di Sicilia prima e di Sardegna poi.

Lo spirito di indipendenza dei carpenetesi emerse anche durante la guerra di successione di Spagna: essi chiesero ed ottennero dal principe Eugenio di Savoia, generalissimo delle truppe austriache in Italia, un "salvacondotto", in lingua italiana e tedesca, con concessione di privilegi. Il Codice di leggi di Amedeo II tolse le libertà politiche anche ai carpenetesi, ma lasciò inalterate quelle amministrative.

I Bandi Campestri del 1733 sono l’ultima testimonianza della libertà goduta dalla comunità carpenetese.

Casa Savoia dal 1713 al 1815 (dal trattato di Utrecht e Radstad a quello di Vienna) tenne Carpeneto in particolare considerazione, concedendo privilegi. Vittorio Amedeo II contribuì alla costruzione della chiesa parrocchiale di stile barocco e dell’annesso campanile, terminato nel 1726.

Entro le mura del castello si trova una piccola chiesa dedicata a Sant’Antunin, risalente al X secolo. Questa chiesa, una delle più antiche del Monferrato, fu dedicata in origine a S. Siro (vescovo do Genova nel 1300). Da un documento genovese del 1137 si sa che i monaci di S. Siro di Genova avevano possedimenti in territorio di Carpeneto.

Più tardi la chiesa fu dedicata a S. Martino. Nella chiesa furono ricoverati gli appestati e nelle opere di disinfezione, scoppiò un incendio le cui tracce sono ancora visibili. Nel 1696, il marchese Antonio Grillo la fece restaurare dedicandola a Maria Deipara e a S. Antonio da Padova. Nell’archivio della parrocchia è stato ritrovato un documento in cui si legge: "Con istrumento rogito Notaro Saverio Federico da Napoli, il 1° settembre 1780, la Cappellania laicale sotto il nome di S. Antonio da Padova, di spettanza di S.E. il Duca di Mandragone, Marchese Grillo, ha l’obbligazione della S. Messa cotidiana, cioè Messe annue 364". Le chiese di S. Antonino e S. Giorgio, durante le guerre, vennero utilizzate come quartieri delle truppe e per i corpi di guardia. Nel 1799 soggiornarono in esse i cosacchi di Suvaroff e nel 1821 i croati Bubna dopo la disfatta di Novara.

Una piccola cappella, detta delle Anime Purganti, segnò fin dal 1815 (caduta della Repubblica di Genova), il confine tra il Regno di Sardegna e la Repubblica Genovese. Il gruppo di case che si trova nelle vicinanze di quella cappella, detto "i Currei" (corrieri), serviva come stazione per la corrispondenza postale per i corrieri.

Con rogito del Notaro Aleramo Persiani in Genova, in data 6 aprile 1841, registrato il 4 maggio al n.2426, il conte Giovanni Gerolamo rolla vendette il castello di Carpeneto con le terre annesse al marchese Nicola Ignazio Pallavicino (1803 – 1871). Il castello e le sue proprietà fu tramandato per primogenitura al figlio Rodolfo (1853 – 1893) che sposò la marchesa Filomena Durazzo. Il loro primogenito Nicola (1863 – 11 aprile 1911) non si sposò e, alla sua morte, lasciò il castello al secondogenito Giacomo (1865 – 11 gennaio 1955). Questi, sposatosi con Luigia Boggio, ebbe due figlie, Laura (1906 – 17 settembre 1968) sposata con il marchese Gian Gerolamo Chiavari e Paola (1912 - 1994) sposata con il marchese Franco Afan de Rivera Costaguti.

Alla marchesa Laura Chiavari successero, nel 1968, i figli: Maria Caterina, Gian Luca, Gian Giacomo, Maria Luisa e Maria Pace.

Alla marchesa Paola Afan de Rivera Costaguti successero, nel 1994, i figli: Diego, Giovangiorgio, Pietro, Maria Luisa, Giovannella e Immacolata.

Nel corso degli anni vennero apportate al castello importanti opere di restauro ed abbellimento: il marchese Giacomo, dopo studi su antichi disegni, completò la torre, la chiesetta di S. Antunin è stata restaurata nel 1967 a cura della marchesa Laura Chiavari e della marchesa Paola Afan de Rivera Costaguti, con l’intervento del geom. Fernando Migliardi di Ovada, degli architetti Giorgio Lambrocco ed Ernesto Gallo della Soprintendenza ai Monumenti del Piemonte nonché del capomastro Giuseppe Rizzo di Carpeneto.

Tra i Carpenetesi ed i castellani non vi furono, nella storia, contrasti o divergenze.

Gli abitanti di Carpeneto si dimostrarono saggi amministratori, intelligenti diplomatici e destri in politica. A queste loro non comuni doti è dovuta la continua indipendenza e libertà. Anche in campo militare eccelsero per coraggio e astuzia, riuscendo a condurre in loro favore gli eventi.

Il numero degli abitanti, alle origini di circa 300 unità, si contenne per secoli attorno alle 3000 unità, pur non ammettendo sul proprio territorio stranieri.

L’importanza della sua posizione geografica, come per il passato, così fino all’inizio del 1900, ha dato a Carpeneto una posizione di privilegio: era sede di Mandamento di Pretura, aveva la stazione telegrafica e la Stazione dei Reali Carabinieri; dalla Parrocchia Foranea di S. Giorgio dipendevano le parrocchie di Madonna della Villa, Trisobbio, Montaldo Bormida e Rocca Grimalda.

Nel dopoguerra l’industria ha richiamato forze di lavoro verso la grande città e molti carpenetesi si sono trasferiti a Genova o a Milano.


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